L’anoressia maschile? Esiste, eccome E adesso colpisce anche gli adulti
Contrariamente a una convinzione molto diffusa, l’anoressia – malattia prevalentemente femminile – colpisce anche gli uomini. E non solo adolescenti, ma anche adulti. I medici francesi riportano nel numero di dicembre 2017 della rivista Annales Médico-Psychologiques quattro studi dettagliati sui dodici casi maschili seguiti dal 2014.
Due uomini di 18 e 19 anni, 6 di età compresa tra 20 e 30 anni, altri tre tra i 40 ei 45 anni e un paziente che aveva 60 anni. L’originalità di questa analisi – segnalata da un ampio servizio di Le Monde – risiede nel fatto che i casi riportati sono relativi ad adulti, mentre gli studi finora pubblicati nella letteratura scientifica riguardano soprattutto gli adolescenti. Dei dodici casi riportati, i disturbi alimentari erano iniziati nell’infanzia in tre pazienti. Il più delle volte, il problema era apparso tra i 13 ei 19 anni.
Un caso clinico particolarmente interessante ha però attirato l’attenzione dei medici. Si tratta di uno studente di 26 anni, single e che vive da solo. Laureato in una scuola di ingegneria robotica, decide di consultare l’unità dedicata ai disordini alimentari nel Dipartimento di medicina interna dell’ospedale Pellegrin di Bordeaux. Il caso di questo giovane viene segnalato dalla struttura universitaria per «malnutrizione, disordini alimentari e dipendenza dallo sport». Quando il giovane è arrivato nel dipartimento, la dottoressa Claire Seriès e i suoi colleghi hanno notato che «la sua dieta era davvero ridotta: consumava solo un pasto al giorno, non faceva uso di carne, latticini e grassi. Consumava solo verdure biologiche, semi, grano integrale e riso che cucinava solo a metà, in modo che non fosse assimilato dal suo corpo».
Questo paziente mostrava una significativa perdita muscolare, una carnagione giallo-pallida, gonfiore alle gambe (edema). Nonostante questo stato preoccupante, faceva attività sportiva in maniera intensa. Pesava solo 65 kg per un’altezza di 1,85 m. Il suo indice di massa corporea (BMI) era pari a 19, che corrispondeva a uno stato di dimagrimento importante. Il test sanguigno evidenziava la presenza di consistenti anomalie metaboliche.
Ansia e disturbi ossessivi
A livello psichiatrico, la situazione del giovane paziente non era molto migliore, era caratterizzata da un quadro depressivo ed il giovane ingegnere esprimeva idee di morte. Il 26enne era perseguitato da alcune convinzioni forti, trasformatesi in vere e proprie ossessioni: «la protezione del pianeta, la pericolosità delle moderne tecnologie, l’inquinamento». Temeva poi di avere una serie di malattie organiche (infiammazioni intestinali ed endocrine) e trascorreva diverse ore al giorno su Internet alla ricerca di informazioni su queste patologie. Manifestava anche il timore di avere un cancro ai testicoli. Il paziente era stato operato per criptorchidismo (la mancata discesa di uno o di entrambi i testicoli nel sacco scrotale).
Il quadro era caratterizzato da una depressione sottostante. Gli autori parlavano di una personalità schizotipica, caratterizzata da stranezze comportamentali, affetti ristretti, assenza di vita sociale, affettiva e amorosa. Durante il suo ricovero, i medici hanno appreso, intervistando il paziente ei suoi genitori, che questo giovane aveva avuto disturbi d’ansia fin dalla prima infanzia. I suoi disturbi alimentari erano comparsi molto presto. All’età di sei anni, si rifiutava di mangiare a tavola coi genitori e temeva di essere avvelenato da sua madre. Peraltro il bambino evidenziava una mente brillante e già a 9 anni aveva un quoziente di intelligenza superiore a 140. Dopo la fase di rifiuto del cibo, era entrato in un periodo di segno opposto, con un consumo eccessivo di cibo (iperfagia) e relativo sovrappeso.
All’età di 11 anni, si era imposto una dieta molto restrittiva e esercizi di bodybuilding che gli avevano fatto perdere 10 chili. Bandiva dalla sua dieta carne, cibi e grassi amidacei. A 20 anni, il suo isolamento sociale appariva quasi completo. Due anni dopo, si laureava in ingegneria. In quella fase presentava costantemente disturbi digestivi: nausea, dolore, diarrea. Gli veniva diagnosticata una colopatia funzionale.
Sport a oltranza
All’età di 23 anni, decideva di iscriversi alla facoltà di medicina. La laurea in ingegneria gli consentiva l’accesso diretto nel terzo anno. I medici annotavano sulla sua cartella clinica: «Sta iniziando ad avere difficoltà di apprendimento e deve ripetere più volte lo studio della medesima tematica. Fa 38 ore di sport a settimana, è sempre agitato: non può stare fermo, o va in bicicletta o corre sul suo tapis roulant.
È preda di varie fobie: contaminazione dei cibi, igiene alimentare, paura dei pesticidi, inquinamento … », riportano gli autori dello studio. Il paziente presentava una storia familiare di carattere psichiatrico, un aspetto frequentemente descritto nei casi di anoressia maschile. Vari suoi zii si erano suicidati. Un nonno era così magro che era stato riformato dal servizio militare. Il giovane descriveva suo padre come ossessivo e violento.
Durante un ricovero in ospedale, il 26enne si interrogava sulla sua capacità di continuare i suoi studi di medicina e parlava di un riorientamento professionale verso attività sportive e persino il lavoro di muratore. A tre mesi dall’uscita dall’ospedale, i medici hanno organizzato un follow-up regolare. Annotavano il fatto che viveva da solo e che si preparava pasti privi di carni o grassi. La sua alimentazione restvaa composta principalmente da verdure e cibi amidacei. «Non è in grado di mangiare insieme gli altri, compresi i suoi genitori, ai quali non fa visita. Il suo isolamento rimane importante.
Non ha una vita relazionale o emotiva. Continua a fare sport intensamente, ha interrotto il trattamento psicoterapeutico, ha perso 5 chili e sono ricomparse alcune idee ossessive. Ha smesso di venire a trovarci, ma continua ad essere seguito nell’ospedale psichiatrico», affermavano i medici, secondo cui il loro paziente «è in uno stato stazionario. Tuttavia, soffre di una frattura da affaticamento del piede. Presenta osteopenia, cioè una condizione ossea per cui vi è una densità minerale al di sotto dei valori di normalità. Questa anomalia indica uno stato di denutrizione e rappresenta un fattore di rischio per altre possibili fratture ossee».
Isolamento
Il giovane è tornato al dipartimento di medicina interna dell’Ospedale Pellegrin pochi mesi dopo, nell’aprile 2017. Pesava 76 kg, ma consumava solo un pasto al giorno. Praticava sempre lo sport in modo intenso. Rimaneva socialmente isolato. Appariva consapevole della sua patologia, che pensava di non essere in grado di curare. Rivelava al team dei medici che suo padre lo terrorizzava, quando era bambino. Spiegava ai medici che dimagrire era stato un modo, secondo lui, per femminilizzarsi e per proteggersi dall’aggressività di suo padre e degli uomini in generale. Il paziente presentava una fragilità della mascolinità, associata a una mancanza di interesse per l’altro sesso. I medici ritenevano che il suo attuale stato fisico fosse accettabile, ma che il suo sviluppo psicologico e sociale fosse «molto inquietante».
Diagnosi difficili
Tra le altre tre osservazioni cliniche dettagliate dai medici di Bordeaux riportate nella rivista, figura anche quella di un ragazzo di 19 anni, entrato in anoressia cinque anni prima. Soffriva di dolore addominale, attribuito allo stress. Tre anni dopo, manifestava una grave colite ulcerosa (malattia infiammatoria intestinale) con dolore, diarrea e sangue dal retto.
Veniva seguito con un trattamento specifico, ma sviluppava una sindrome cronica addominale dolorosa. Si isolava socialmente, lasciando l’università per due anni e mezzo, il che non gli impediva di ottenere una laurea breve. Si iscriveva alla facoltà di biologia, i dolori si attenuavano ma un anno dopo riapparivano. Quando è stato preso in cura all’ospedale Pellegrin di Bordeaux, il giovane pesava 55 chili ed era alto 1 metro e 77. Il suo indice di massa corporea era pari a 17.6. I medici annotavano che il ragazzo soffriva di disturbi alimentari sin dalla prima infanzia.
Non consumava verdure crude né grassi, né latte, né formaggio né legumi. Non mostrava iperattività fisica. Secondo gli autori, lo studio di questi casi «evidenzia la difficoltà di diagnosticare i disordini alimentari negli adolescenti. Colopatia e disturbi digestivi funzionali sono particolarmente comuni durante l’anoressia; e sono spesso i sintomi premonitori. Quasi la metà dei pazienti mostra una digestione lenta, una sazietà precoce, sensazioni di bruciore allo stomaco e all’esofago a causa di rigurgito di acido liquido. Medici e gastroenterologi non sono consapevoli di questo problema, che può portare a ritardi e diagnosi errate», affermano gli autori. «È quindi essenziale sapere come identificare l’anoressia nervosa maschile per gestirla precocemente. L’obiettivo è impedire che diventi una patologia cronica e migliorare la prognosi».
Fenomeno sottovalutato
I casi maschili sono spesso sottovalutati o diagnosticati in ritardo e ciò è dovuto principalmente al fatto che determinati comportamenti a rischio non vengono letti, almeno inizialmente, come indicatori di un possibile disturbo alimentare. Tutto ciò fa sì che, mediamente, l’uomo che soffre di date problematiche arrivi in terapia non prima che siano trascorsi 7 anni dall’esordio del problema, mentre per le donne il periodo di latenza è di circa 4 anni.
Inoltre, a rendere la diagnosi di anoressia negli uomini ancora più problematica vi è il fatto che i criteri di riferimento per tale disturbo si riferiscono esclusivamente alla donna; basti pensare che uno dei più importanti sintomi di tale malattia è l’alterazione o scomparsa del ciclo mestruale.
Il tipico uomo anoressico è un soggetto depresso, ipersensibile, con forti sensi di colpa e scarsa autostima. Possono presentarsi, altresì, tratti ossessivi e di perfezionismo, tratti schizoidi ( 30%) ossessivi ( 29%), passivi/dipendenti (15%) ed antisociali (18%). Un confronto con le donne anoressiche mostra un’alta percentuale di immaturità (30% contro 4%) tratti isterici/istrionici (25% contro 4%) e tratti antisociali ( 18% contro 1%) ma un uguale numero di tratti schizoidi ( 28%). Si tratta quindi di un fenomeno che mostra come questa patologia non sia solo femminile e come essa vada curata in modo professionale ed in centri altamente specializzati.
Fonte Il Corriere della Sera