Associazione che si occupa di disturbi del comportamento alimentare e violenza di genere.

I Disturbi dell’Alimentazione non riguardano solo gli adolescenti.


Non è vero che i disturbi alimentari riguardano solo gli adolescenti. E cadere nell’anoressia capita anche a 50 anni. Come spiega Stefano Erzegovesi, psichiatra e nutrizionista, responsabile del Centro per i Disturbi Alimentari dell’Ospedale San Raffaele di Milano

Un problema da adolescenti o poco più: nell’immaginario collettivo, l’anoressia è una malattia che non riguarda gli adulti. A guardare il viso smagrito di Celine Dion, le gambe scheletriche di Angelina Jolie o le braccia filiformi di Demi Moore però non sembra proprio sia così. E lo conferma Stefano Erzegovesi, psichiatra e nutrizionista, responsabile del Centro per i Disturbi Alimentari dell’Ospedale San Raffaele di Milano: «I disturbi alimentari non sono esclusivi delle giovani o giovanissime, fra le over 40 i casi sono più rari ma esistono: su cento pazienti che arrivano da noi, le ‘attempate’ sono circa l’1 per cento. Si tratta però quasi sempre di pazienti che sono state anoressiche in passato e non hanno mai superato del tutto il loro problema: chi guarisce davvero ‘spegne’ anche l’ossessione per il cibo e non ci ricasca».
Alle soglie della menopausa il disturbo alimentare più diffuso è proprio l’anoressia, mentre la bulimia è assai meno frequente; quasi sempre chi in questo periodo comincia a mangiare sempre di meno e a contare le calorie (magari con la scusa di contrastare la tendenza all’ingrasso da carenza di estrogeni post-menopausa) è un’anoressica ‘di ritorno’ che anche dopo essere uscita dal tunnel della magrezza eccessiva ha mantenuto qualche difficoltà nel rapporto con il cibo, per esempio è rimasta un po’ fissata con la dieta, è un’iper-salutista oppure addirittura un’ortoressica, che non mangia nulla se non è certa sia più che sano. Spiega Erzegovesi: «Bisogna aver provato in adolescenza o da giovani l’effetto ‘drogante’ del digiuno per ricaderci. Di solito l’elemento scatenante che fa tornare la malattia è una crisi personale o un momento difficile di qualunque genere: un licenziamento, un lutto, un divorzio. Anche per questo nell’adulto sono più spesso presenti sintomi come ansia o depressione». Accanto a questi, i classici segni di un’anoressia restano un indice di massa corporea inferiore a 18,5 (è il rapporto fra il peso in chili e il quadrato dell’altezza in metri), soprattutto se è calato in maniera evidente in poco tempo, la perdita del ciclo mestruale se ancora era presente e parametri sballati negli esami del sangue e delle urine.
Il vero guaio è che a quaranta o cinquant’anni guarire è più difficile: lasciare tutto per ricoverarsi in una struttura specializzata può essere quasi impossibile, se si ha un lavoro e una famiglia, ma soprattutto la richiesta di aiuto è meno reale di quanto possa sembrare. «Apparentemente una donna adulta è più collaborante e sembra volerne uscire per davvero, ma in realtà non è quasi mai così. Le adolescenti percepiscono molto bene quando sono arrivate al limite, quando il corpo è a rischio; le donne mature apparentemente lo comprendono, ma poi la motivazione a cambiare è assai meno profonda perché la personalità è molto più strutturata rispetto a quella di una ragazza. A cinquant’anni si è meno malleabili e si ha meno voglia di affidarsi all’altro per la cura: la richiesta di aiuto è più apparente che realmente sentita», sottolinea l’esperto. Il risultato è che più spesso servono i farmaci, più spesso è difficile (se non impossibile) uscirne per davvero, una volta per tutte. «Purtroppo anche il rischio di un esito fatale è maggiore, perché le riserve vitali di una donna matura sono molto inferiori: una ragazzina ha maggiori energie, può tirare di più la corda senza conseguenze irreversibili. Nelle cinquantenni basta molto poco per rischiare la vita», conclude Erzegovesi .

Fonte : www.iodonna.it