Ho smesso di contarli.Ho smesso di contare tutti i pazienti che mi hanno chiesto aiuto perché dopo aver ricevuto una qualsiasi dieta hanno cominciato a manifestare preoccupazione verso il cibo, il peso e il corpo, hanno cominciato ad isolarsi e a non frequentare gli altri perché insoddisfatti di sé e del proprio corpo, hanno cominciato a passare gran parte del loro tempo a pensare a come modificare il proprio corpo e a fare il confronto con altri corpi o con il cibo che mangiano gli altri, hanno cominciato a manifestare diversi sintomi tipici di un disturbo del comportamento alimentare.Stare a dieta è uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo e il mantenimento di un disturbo alimentare.Questo significa che può innescare, mantenere o aggravare un disturbo alimentare e può ritardare la sua cura.Lo si trova nella letteratura scientifica di tutto il mondo.Eppure non basta ancora.Non basta perché la letteratura scientifica, pur essendo il pane quotidiano per chi ha scelto di svolgere la professione di nutrizionista, è solo ricerca e carta da sfogliare.Per applicarla, per dargli una forma, una dimensione, un colore, un valore, servono sensibilità, responsabilità, onestà e coraggio.Oggi è il “No Diet Day”.Una giornata che serve anche a diffondere la cultura di un nuovo approccio al cibo e alla terapia nutrizionale delle persone.Esistono metodi educativi e riabilitativi validati in ambito nutrizionale, che prevedono un lavoro specifico sul comportamento alimentare, sul riconoscimento degli stimoli biologici, dei propri gusti e dei propri bisogni, sull’acquisizione di nuove abilità per migliorare il rapporto con il cibo, il peso e il corpo e questo senza alcuna somministrazione dietetica.Esistono altri metodi più utili, più funzionali e potenzialmente meno dannosi e pericolosi.E il “No Diet Day” può servire anche a ricordarcelo.
(Mario Russo)
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