Tra le mille sfaccettature dei Disturbi dell’Alimentazione ce n’è una che crea un muro tra la realtà che circonda la persona e ciò che è diventato il suo corpo e il suo modo di vivere colmo di ossessioni;
è quella caratteristica che fa definire questa patologia come un disturbo egosintonico: la persona si sente in sintonia coi sintomi, quindi non prova disagio, e sono ritenuti da essa coerenti col resto della personalità. La sintomatologia viene percepita dalla persona come la soluzione più vantaggiosa ponendola in sintonia con la stessa.
Come fare quindi per poter creare una crepa in quel muro?
Per tornare ad amare il proprio corpo, ad amare se stessi, la guarigione passa inevitabilmente dalla cura di sé – anima e corpo – e dall’ascolto incondizionato. Non esiste terapia che possa funzionare se non si è prima accolti, ascoltati. Enzo Bianchi dice che “Sentire è facile perché esercizio dell’udito, ma ascoltare è un’arte perché si ascolta anche con lo sguardo, con il cuore, con l’intelligenza”. Serve quindi un ascolto che sia volto a creare una alleanza, che incontri ed accolga, che permetta alle persone di pronunciare la richiesta, un ascolto che crea situazioni, che permetta di sperimentare, di sentire e creare un paracadute, che sostenga la ricerca di sé.
Deve essere ciò che permette e non insegna.
Solo così si potrà ritornare a vivere la realtà insieme a ciò che circonda, tornare a far parte della comunità che ci rivela la realtà come la realtà dell’uomo, che è inafferrabile se si tenta di coglierla in modo “staccato” dagli altri. Per sapere chi sono Io devo avere di fronte un Tu. Ognuno di noi per svegliarsi alla vita cosciente ha bisogno dell’altro in cui riflettersi e con cui confrontarsi. L’altro non è davanti a me perché “pensato” da me, o perché prodotto dalla mia mente. L’altro si impone da sé, arriva nella mia esistenza senza bussare, non si presenta in modo sottomesso, o dipendente, ma in tutta la sua autonomia che esclude qualsiasi dipendenza dall’Io. Il Tu è lì, faccia a faccia, come libertà inafferrabile ed esigente, come ciò che non si può eludere.
La relazione con l’altro (o gli altri) è costitutiva della persona, perché la persona ha una struttura dialogale. Ogni persona viene interpellata dall’altro essere umano nella parola, nell’attività, nella convivenza. Diventiamo ciò che siamo anche grazie alle persone, parlando, lavorando, interagendo.
Saremmo mai chi siamo oggi senza essere stati ascoltati o aver ascoltato e senza l’Altro?
Maria Grazia Giannini