“Il corpo è più difficile da nascondere a causa del caldo, vomitare diventa più sfiancante, ti senti morire.”
Valentina ha 31 anni, e lotta con l’anoressia da quando ne aveva 13. Dal 2011 ha intrapreso diversi percorsi di cura, e con le giuste terapie e il supporto anche familiare le cose sono migliorate. Eppure, come mi spiega, l’arrivo dell’estate complica sempre tutto. “Sono tre anni che non vado al mare, non perché non mi piaccia ma perché non mi va di mettermi in costume,” racconta Valentina, che vive a Terni. “Il mare no, le piscine no. Cose che invece magari con gli amici faresti volentieri.”
Da due anni Valentina mette la propria esperienza al servizio di chi come lei sta tentando di guarire, lavorando come volontaria presso l’associazione ‘Il Bucaneve’. Qui è entrata in contatto con molte ragazze che vivono questo momento dell’anno come lei. Come emerge, per le persone che soffrono di disturbi alimentari il non è tanto il giudizio altrui come magari lo è per chi insegue il mito della prova costume; piuttosto, è una difficoltà personale a scoprirsi e mostrarsi: Valentina spiega che anche canottiere e vestiti troppo aderenti sono off limits. “Se fa caldo, me la vorrei anche mettere una canottiera. Ma non mi va di avere le spalle scoperte, quindi il massimo è la maglietta a maniche corte.”
Eppure credere che tutto si limiti all’abbigliamento sarebbe sbagliato. Perché un disturbo alimentare—dall’anoressia, alla bulimia, fino al binge eating—non controlla soltanto il rapporto delle persone con il cibo e il proprio corpo, ma attraverso questo arriva a pervadere ogni aspetto della vita. È una vera e propria ossessione, che si manifesta in ogni più piccola decisione quotidiana. Tutto può arrivare a essere pensato in funzione dei pasti, del desiderio di perdere peso, della percezione fisica di sé.
“Se ti chiudi dentro casa perché hai fame da morire, o sei in fase depressiva, estate o inverno poco ti cambia,” continua Valentina—ma anche solo il fatto che le giornate si allunghino può essere motivo di un maggiore disagio quotidiano, come per altre situazioni che implicano un malessere: “La notte non arriva, e tu da una parte non aspetti che la notte, perché almeno è finita la giornata.”
In estate, quindi, si fa sentire di più il peso del moltiplicarsi di situazioni difficili da gestire, in primis quelle sociali. Il cibo ricopre un ruolo fondamentale nella maggior parte degli eventi d’aggregazione sociale: brunch, cene e aperitivi sono forse i modi più comuni per ritrovarsi. “A feste e sagre, la maggior parte delle volte non vado. Se proprio voglio andare, magari raggiungo i miei amici dopo. Oppure mettiamo il caso dell’aperitivo: l’aperitivo è zuccherato, la bevanda alcolica ingrassa, e poi tutti mangiano e tu no. Sai quante volte io ho preso solo un caffè?”
Attraverso il centro Mondosole per la cura della bulimia, l’anoressia e il binge eating di Rimini sono entrata in contatto anche con Giulia, un’ex paziente e studentessa di 24 anni che ha sofferto di anoressia per diversi anni durante l’adolescenza. Nel suo ricordo di quel periodo, più che il fattore corporeo è importante il sentimento di estraniamento e disagio: “Vivevo male il fatto che l’estate è un po’ un periodo dell’anno in cui ci si deve divertire per forza. Quando mi sono ammalata ero molto giovane e vedevo i miei coetanei che si divertivano perché avevano meno impegni, uscivano di più perché fa caldo e si sta bene fuori. Per te che soffri e stai male è ancora più doloroso il fatto che tutti si divertono e tu non riesci a goderti [ nemmeno] una passeggiata al mare o un’uscita.”
Giulia considera quelle estati con l’anoressia un vero incubo, anche a causa delle aspettative di chi faticava a comprendere le dinamiche di un problema così complesso: “Le persone non lo capiscono, per loro ‘Non hai la scuola, hai 15 anni…’ Pensano che sia un capriccio, un complesso inutile.” In questi casi, può instaurarsi quasi un circolo vizioso: sentirsi in dovere di fornire spiegazioni o giustificazioni per i comportamenti dettati dalla malattia non fa che spingere la persona a isolarsi.
Martina*, 25 anni, di Milano, ha cominciato a digiunare al secondo anno di liceo anche in seguito anche alle vessazioni dei compagni che la chiamavano “grassa”. Più tardi, l’anoressia è sfociata in bulimia. Delle sue estati racconta: “Il corpo è più difficile da nascondere a causa del caldo, vomitare diventa più sfiancante, ti senti morire.” Ma il peggio, aggiunge, “sono le giornate lunghe e senza molto da fare: è essenziale per chi soffre di questi disturbi avere molti impegni per non pensare. Durante le vacanze è più difficile.”
Martina chiama poi in causa anche un elemento che su molte ragazze, soprattutto giovanissime, influisce non poco: “[ Durante le vacanze] c’è un contatto forzato con la famiglia, e questa per me era la cosa peggiore.”
La dottoressa Annalisa Carrera, psicoterapeuta con esperienza nell’ambito dei disturbi alimentari, conferma che l’estate è un periodo di maggior rischio per i suoi pazienti. “Nel caso dell’anoressia, con il caldo c’è sicuramente una possibilità di perdita di peso ulteriore, dovuta alla perdita di liquidi, al movimento, all’inappetenza.”
In ambito clinico la problematica della stagione estiva viene raramente affrontata di per sé, ma Carrera concorda nel rilevare—come succede anche per le persone che non soffrono di questi disturbi, d’altronde—maggiori preoccupazioni rispetto all’immagine corporea, e l’accentuarsi di un disagio dovuto al sentirsi ancora più esclusi dalla vita sociale.
Secondo Carrera, tendenze stagionali come l’annuale ossessione dei media per la cosiddetta ‘prova costume’ o per le diete dell’ultimo minuto non sono la causa principale dell’aggravarsi di una condizione che ha origini molto più intime. È vero però che, se questo tipo di contenuti non è la causa scatenante di un disturbo, molti pazienti vi si concentrano ossessivamente: “Una persona con un disturbo alimentare tendenzialmente cercherà quel tipo di informazioni, dalla trasmissione televisiva che si occupa di alimentazione, alla rivista specializzata, agli articoli sullo stare in forma, etc.”
Giulia, che dall’anoressia è uscita qualche anno fa anche grazie alla terapia, suggerisce che l’estate sia anche un’occasione per entrare in contatto con il proprio disturbo: “Questo può avere i suoi pro e i suoi contro,” commenta. Per esempio può spingere una persona a chiedere aiuto, o chi le sta intorno a convincerla a farlo. Che è la cosa più importante, come ci hanno ribadito tutte le ragazze con cui ho parlato: “Chi soffre di disturbi alimentari può fare solo una cosa per uscirne,” dice Martina, “chiedere aiuto. I disturbi alimentari sono modi di comunicare con il corpo una sofferenza che non si può neanche pensare.”
Concentrarsi sugli aspetti dell’umore invece che su quelli relativi all’alimentazione e alla forma fisica potrebbe essere ben più efficace nel convincere una persona a chiedere aiuto: “Farle notare che è più triste, più depressa,” continua Giulia. Prendere insomma la scusa che vive male la stagione estiva per farla riflettere sul fatto che vive male tutto.
*Il nome è stato cambiato per proteggere la privacy dell’intervistata